Cassazione Civile 21843/2019 e riflessi sulle conclusioni nei giudizi da parte del cessionario

26-01-2021 10:09 -

Nelle riviste di settore in materia bancaria ha suscitato particolare interesse la sentenza emessa dalla Corte di Cassazione il 30 agosto 2019 nr 21843 in materia di cartolarizzazione dei crediti, sicchè nel presente articolo si vogliono ricordare i punti salienti dell'interessante precedente giurisprudenziale.
Vale subito ricordare come la sentenza a commento assume particolare rilevanza giuridica, in quanto i Giudici di legittimità si sono soffermati ad esaminare i controversi rapporti che legano il cedente ed il cessionario nel contenzioso bancario passivo.
La rilevanza del precedente giurisprudenziale è dato dalla parte in cui la Corte precisa che è esclusa la possibilità per il debitore ceduto di opporre in compensazione, al cessionario, controcrediti vantati verso il cedente e nascenti da vicende relative al rapporto con esso intercorso ed il cui importo, ignoto alla “società veicolo” al momento della cessione, deve essere accertato giudizialmente.
Sulla base di tali premesse si è giunti così al seguente principio di diritto “In materia di cessione dei crediti in blocco, eseguita tramite cartolarizzazione, deve escludersi in capo alla società cessionaria appositamente costituita (c.d. società veicolo) la titolarità del lato passivo del rapporto controverso avente ad oggetto le domande ed i controcrediti vantati dal debitore ceduto verso il cedente.”
Le ragioni che hanno portato la Corte di Cassazione a tali importanti conclusioni trovano il loro fondamento nell'art 3 della legge n. 130 del 1999, laddove è previsto che i crediti che formano oggetto di cartolarizzazione costituiscono un vero e proprio “patrimonio separato”, ad ogni effetto, rispetto a quello della società veicolo.
E tale patrimonio “separato”, secondo quanto espressamente previsto dall'art. 1, comma 1, lett. b), della legge è stato ritenuto dai Giudici di legittimità a destinazione vincolata, in via esclusiva, al soddisfacimento dei diritti incorporati nei titoli emessi per finanziare l'acquisto dei crediti, nonché al pagamento dei costi dell'operazione.
Si è così giunti alla seguente e condivisibile conclusione “in un simile quadro, consentire ai debitori ceduti di opporre in compensazione, al cessionario, controcrediti da essi vantati verso il cedente (nascenti da vicende relative al rapporto con esso intercorso ed il cui importo, pertanto, lungi dall'essere noto alla “società veicolo” al momento della cessione, deve essere accertato giudizialmente), e addirittura consentire, come nella specie, la proposizione di domande riconvenzionali, significherebbe andare ad incidere, in modo imprevedibile, su quel “patrimonio separato a destinazione vincolata” di cui si diceva, “scaricandone, così, le conseguenze sul pubblico dei risparmiatori ai quali spetta invece ed in via esclusiva il valore del medesimo.”
Risulta di tutta evidenza come il precedente giurisprudenziale a commento si presenti di particolare importanza soprattutto per le società di serving.
Ciò in quanto sulla base dei principi di diritto enunciati dalla Corte il cessionario dovrà formulare corrette conclusioni difensive in ipotesi di subentro nei giudizio ove vi sono domande riconvenzionali di ripetizione di indebito o risarcitorie.
Ed in particolare i nuovi titolari del credito, alla luce dei principi espressi dalla Corte, dovranno valutare se eccepire, con la costituzione, la propria carenza di legittimazione passiva su tali domande formulate dal debitore ceduto e chiedere l' eventuale integrazione del contraddittorio con il cedente.